La disciplina IVA in ipotesi di distacco del personale si rinviene nell’articolo 8, comma 35, della Legge 11 marzo 1988 n. 67 che statuisce: “non sono da intendere rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto i prestiti o i distacchi di personale a fronte dei quali è versato solo il rimborso del relativo costo”.
Sulla base di tale disposizione sono escluse dall’applicazione dell’IVA i riaddebiti del costo del lavoro in quanto, in tali ipotesi, non è possibile riconoscere l’esistenza di un corrispettivo di una prestazione di servizi, trattandosi più propriamente di una prestazione senza corrispettivo.
Tale disposizione ha creato un notevole contrasto e, in materia, importanti chiarimenti sono forniti dall’Agenzia delle Entrate e dalla Giurisprudenza.
Gli interventi in materia dell’Agenzia delle entrate e della Giurisprudenza
L’Agenzia delle Entrate ha riconosciuto l’applicabilità dell’articolo 8 della Legge 67/1988 in presenza dei seguenti requisiti:
- sussistenza di un rapporto di lavoro dipendente del personale distaccato con l’impresa distaccante;
- organizzazione dell’attività lavorativa del dipendente, direzione ed esercizio del potere gerarchico operati dal distaccatario nell’ambito della propria struttura;
- impossibilità di ricomprendere il contratto di distacco del personale in altre tipologie contrattuali (ad esempio il trasferimento di azienda o un contratto di appalto);
- mero riaddebito del costo del personale prestato comprensivo della retribuzione e degli oneri previdenziali e assistenziali. Se, al contrario, le somme rimborsate sono superiori (o anche inferiori) al costo, l’intero importo è imponibile ai fini Iva.
La Corte di Cassazione, invece, ha riconosciuto:
- l’esclusione da IVA delle operazioni di distacco del personale in cui l’impresa beneficiaria si limita a rimborsare i soli costi di utilizzo del personale distaccato (ovvero, tipicamente, le retribuzioni, gli oneri fiscali e previdenziali e le altre spese sostenute per i dipendenti);
- la necessità di assoggettare ad IVA il distacco del personale qualora l’operazione determini a favore del distaccante il rimborso di una somma superiore alle retribuzioni ed agli altri oneri previdenziali e contrattuali gravanti su quest’ultimo e, in caso di applicazione dell’IVA, la necessità di applicare l’imposta sull’intero importo del corrispettivo pattuito.
La sentenza 11 marzo 2020 n. C-94/19 della Corte di Giustizia dell’Unione Europea
La tematica della disciplina Iva in ambito di distacco del personale si è arricchita di un notevole contributo rappresentato dalla sentenza dell’11.03.2020 n. C-94/19 della Corte di Giustizia Europea, emessa in seguito all’ordinanza del 19 gennaio 2019 n. 2385, con la quale la Corte di Cassazione, aveva rimesso alla Corte di Giustizia il giudizio relativo alla compatibilità delle previsioni indicate nell’articolo 8, comma 35, della Legge 67/1988 al contenuto della Direttiva Comunitaria ai fini IVA.
Con la citata sentenza la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che:
- una prestazione di servizi può dirsi effettuata a titolo oneroso quando tra le parti sussiste un rapporto giuridico nell’ambito del quale si realizza uno scambio di prestazioni reciproche e il compenso ricevuto rappresenta il controvalore effettivo del servizio prestato;
- ai fini della sussistenza di un nesso diretto tra il servizio reso e il corrispettivo ricevuto, non assume rilevanza l’importo del corrispettivo pattuito (che, pertanto, può essere fissato in misura pari, superiore o inferiore ai costi sopportati dal soggetto passivo);
- il distacco del personale può essere idoneo a rappresentare una prestazione di servizi attuata a titolo oneroso e, dunque, rilevante ai fini IVA qualora sia provata:
- l’esistenza di un rapporto sinallagmatico tra le parti;
- l’esistenza di un nesso diretto tra il servizio reso ed il corrispettivo ricevuto;
- nella valutazione in merito alla natura “onerosa” della prestazione, non assume rilevanza l’ammontare del corrispettivo pattuito;
- l’operazione di distacco deve considerarsi realizzata a titolo oneroso e, dunque, con relativo assoggettamento ad IVA se:
- tra il prestatore (distaccante) e il beneficiario (distaccatario) sussiste un rapporto giuridico nell’ambito del quale si realizza uno scambio di specifiche prestazioni;
- il compenso ricevuto costituisce il controvalore effettivo del servizio prestato dal beneficiario e, quindi, se i pagamenti eseguiti dalla distaccataria rappresentano il corrispettivo del distacco del personale.
La sentenza della Corte di giustizia Ue e gli effetti sulla disciplina nazionale
L’attuale disciplina prevista dall’articolo 8, comma 35, della Legge n. 67/1988 si discosta notevolmente dai principi che sono stati espressi dalla sentenza della Corte di Giustizia UE.
In via puramente teorica è stata prospettata la possibilità che l’Agenzia delle Entrate invochi la diretta applicabilità della sentenza C-94/19 e, di conseguenza, richieda, in sede di accertamento, l’applicazione dell’IVA sulle operazioni di distacco, sino ad oggi escluse dall’ambito applicativo dell’imposta.
Sul punto, conseguentemente, da più parti è stata segnalata la necessità di un intervento del legislatore.
Tale necessità appare improrogabile anche alla luce delle ordinanze 2 marzo 2021 n. 5601, 5602, 5609 e 5615 della Corte di Cassazione. Con i citati provvedimenti, la Corte di Cassazione ha riconosciuto la possibilità di applicare retroattivamente l’orientamento della Corte di Giustizia, imponendo al giudice del rinvio di attenersi ai principi espressi dalla Corte di Giustizia UE.
L’accoglimento dell’applicazione retroattiva dei principi espressi dalla sentenza della Corte di Giustizia potrebbe avere un impatto penalizzante sulle operazioni di distacco del personale che, in conformità a quanto previsto dalla normativa interna, ad oggi non sono state assoggettate ad IVA.
È stato, tuttavia, evidenziato che, qualora dovesse realizzarsi tale ipotesi, dovrebbe essere sempre rispettato il principio della salvaguardia del legittimo affidamento e il principio di certezza del diritto, espressamente riconosciuti dall’art. 10 della Legge 212/2020 “Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente” che, al comma 3, stabilisce che le “sanzioni non sono comunque irrogate quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria”.
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